pioggia di primavera



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LA MIA ISOLA

La mia piccola isola, accarezzata dal mare e baciata dal sole.
Non più di cento case, tutte con giardino, orto e pollaio.
Una chiesetta piccola piccola con un campanile alto alto e una campana che fa sentire i suoi rintocchi tre volte al giorno.
Un'accozzaglia di edifici vecchi e nuovi che accoglie tutti i servizi necessari alla sopravvivenza della nostra comunità.

Seduta sulla battigia, gioco con le onde che s'infrangono sui miei piedi nudi mentre il mio sguardo si perde sulla terra ferma, lontana, che nitida si delinea all'orizzonte.
Quella terra tra poco sarà anche la mia terra!

Da quando i miei genitori hanno deciso di mandarmi al''università non faccio che pensare al mio futuro. Non ho ancora le idee molto chiare; molti sono i miei interessi, e tanto diversi tra loro! Qual è la strada giusta da seguire? A chi dar retta al buon senso o all'istinto? Perché i miei genitori non si pronunciano?
Mi piace disegnare e dipingere.
Mi piace la chimica e le scienze.
Mi piace la matematica e le lettere.
Mi piace cantare e ballare.
Mi piace la vita!

Non sono più su questa terra. Volo in un mondo di suoni e di colori che appartengono solo a me.

Lascio che il mare con i suoi spumeggianti flutti a poco a poco s'impadronisca del mio corpo e mi lascio cullare dal dolce suono della sua voce.

Mi mancherai mio azzurro e profumato mare!



FABIO

Questa notte non c'è luna.
Tutto è buio intorno a noi.
La rena è fredda e il mare silenzioso.

I miei genitori ci pensano al baretto a giocare a scacchi, ma noi siamo qui, soli, avvinghiati l'uno all'altro.
Non esultano i nostri cuori, il nostro è un abbraccio d'addio.

Ho conosciuto Fabio alla terza elementare, quando arrivò sulla nostra isola con la sua mamma, la nostra nuova maestra.
Si sedette accanto a me.
Mi sorrise, gli sorrisi e fummo subito amici inseparabili complici di avventure impossibili.

I nostri giochi finirono un pomeriggio di marzo.
Eravamo in barca a pescare con Anna e Gloria.
Non ero riuscita a far abboccare neanche un pesciolino ed ero depressa.

Ho posato la mia lenza e mi sono stesa sul fondo della barca a guardare i miei amici sorridenti che facevano a gara a chi avrebbe riempito prima il proprio secchio.

Fabio era chino, intento a liberare un pesce dall'amo.
Il sole faceva brillare i suoi capelli striati di giallo e la sua pelle perennemente abbronzata.
Sollevò il capo, mi guardò e fece l'occhiolino.
Ricambiai.
Rimasi ammaliata dai suoi occhi azzurro metallizzato e sparì per sempre il ragazzo sbarazzino dai pantaloncini perennemente sfilacciati e la maglietta sporca di marmellata.



IL PRIMO BACIO

Pioggia di primavera mi hai salvata!
Ho paura, anzi terrore d'incontrare Fabio.
Al solo pensiero di essergli vicino, di sentire la sua mano sulla mia spalla, il suo modo di salutare, mi tremano le gambe e il cuore acquista e perde battiti nello stesso momento.

Due giorni di pioggia! Ma oggi c'è il sole che tutto ravviva e fa brillare.
Porto Ercole a correre in pineta. Una corsa pazza nelle terra ancora bagnata.
Il pelo del mio cagnone non è più lucido e miei jeans non più immacolati.

Arrossata, ansante, sporca mi siedo sotto un pino ed Ercole mi si accuccia vicino.
Accarezzo il mio amico di sempre e chiedo a lui sollievo.
Sono stanca. Le palpebre, pesanti, si chiudono nel desiderio più grande di annullare tutto il mondo intorno a me e me stessa.
Ripudio una realtà né voluta né desiderata.
Un turbinio di pensieri mi sballotta tra la gioia più grande e la più grande infelicità.

Un lieve fruscio mi scuote.
Apro gli occhi.
Fabio è inginocchiato davanti a me.
Prende il mio capo tra le sue mani e teneramente mi bacia.
Il mio primo bacio!



ISTITUTO MADONNA DEL ROSARIO

Mamma e papà mi accompagnano all'Istituto Madonna del Rosario, dove resterò quattro anni, fino alla laurea in Economia e Commercio.

Una costruzione esagonale posta al centro di un giardino, comprende una trentina di bugigattoli, chiamati pomposamente stanza, in cui a malapena entrano un lettino, un armadietto, una sedia e un tavolino, chiamato pomposamente scrivania.

E' gestita da suore laiche, più laiche che suore.

Non sarà facile adattarmi a questa grande città senza mare, senza grandi spazi verdi, senza un cielo sempre azzurro; lontana dai miei cari, dai miei amici, da Fabio.

La mia caparbietà, un ramo di pino che ho già adocchiato e fatto mio, la facilità di stringere subito amicizia mi daranno la forza di proseguire nella strada che ho scelto.



28 MARZO

Seduta alla scrivania posta sotto la finestra rielaboro i miei appunti di Statistica Economica.
Il profumo della primavera è nell'aria e riempie il mio cuore di nostalgia..
Ho bisogno di muovermi.

Mi alzo.
Mi stiracchio.
Il mio sguardo vaga da albero ad albero.

La casa oltre il giardino ha aperto le sue finestre.  Quella di fronte alla mia è completamente spalancata, una tenda di velo bianco è agganciata allo scuretto.
Una testa bionda ora compare e ora scompare.

Dimentico i miei appunti.
dimentico Fabio.
La testa bionda diventa la compagna delle mie fantasie.



INCONTRO

Ci siamo conosciuti a maggio.
La sessione estiva è ormai vicina ed il mio impegno aumenta di giorno in giorno.

Sono quasi le quattro del mattino e non riesco ad addormentarmi.
Mi alzo decisa a riprendere a studiare.
La finestra di fronte è illuminata e testa bionda mi saluta con la mano.
Rispondo al saluto e la voglia di studiare mi passa. Torno a letto.

Supina, occhi chiusi, formule matematiche si intrecciano a fantasie erotiche.

Un lieve rumore, qualcosa che cade sul pavimento, seguito da un quasi impercettibile sibilo mi fa sobbalzare. Testa bionda è sotto la mia finestra.

Abbiamo visto sorgere il sole accovacciati sul mio ramo di pino.



ERRICO

Errico, detto Rico dagli amici, è un bell'uomo dall'età indefinibile, tra i trenta e i quaranta.
Capelli biondi. Occhi celesti, chiarissimi.
Alto, anzi altissimo, slanciato, scattante.
Le mani ben curate,
Una voce che va diritto al cuore.

Mi sono innamorata di lui nel momento in cui, prendendomi per la vita, mi ha posata sul mio ramo di pino.

Nel nostro primo incontro ha parlato solo lui. Ed io ho bevuto, estasiata, ogni sua parola, sbattuta in un mondo che non era mio.

Da quella notte non c'è che Rico nei miei pensieri, nel mio cuore, nella mia anima, nella mia vita.
Vivo in uno stato di frenesia febbricitante. La mattina all'università, il pomeriggio chiusa nella mia cameretta a studiare e la notte sul ramo del mio albero di pino con lui.
E presso il mio pino sono diventata donna.

Questa mattina, inaspettatamente, le finestre della casa di fronte sono chiuse e questa notte presso il mio albero di pino non c'è nessun sorriso, nessun caldo abbraccio ad attendermi.

Ho messo il mio cuore in letargo e gli uomini nella categoria "stronzi".
Non penso ad altro che a completare il mio corso di studi, ancora un esame e poi finalmente la tesi!.
Studio "Teoria delle decisioni" e la mia decisione: lasciare questa città che puzza di cadaveri!



LAUREA

Giorno fantastico!
Ai miei genitori brillano gli occhi di felicità e di orgoglio.
Sorridono salutando i miei professori e i miei amici.
A vederli, così piccoli, la pelle bruciata dal sole, in abiti lustri lustri come mai li ho visti prima, mia madre con la borsetta invece del solito borsellino e papà col cappello invece che con la coppola, mi si stringe il cuore di commozione.
Il mio centodieci con lode è il mio regalo per loro.

Giorno tristissimo!
Torno a tarda sera nella mia cameretta dove ad attendermi è la lettera di un notaio di Roma che mi invita con una certa urgenza nel suo studio per atti riguardanti Errico Millani.

E Rico è lì, nella mia stanza, e vi resta per tutta la notte con il suo sguardo dolce, la sua voce calda e le sue mani di velluto che sanno accarezzarmi.

Ed io sono con lui, tutta la notte, con le mie lacrime, il mio dolore, la mia vergogna, il mio amore.



LA LETTERA

Giro e rigiro tra le mani la busta bianca che il notaio mi ha appena consegnato. Il mio nome è scritto a caratteri piccoli e precisi. La scrittura di Rico? Non so quale sia la sua scrittura. Quante cose non so di Rico! Le mani mi tremano, apro la busta e ...

Mia piccola Graz,
se tu non hai perdonato il modo con cui io sono sparito dalla tua vita ancor più io non mi perdono ...

e con la sua grafia minuta e precisa mi parla del suo amore per me, della sua malattia senza speranze, del suo dolore, della sua rassegnazione, della sua rabbia, del mio sorriso, di un sogno iniziato e subito finito, di felicità e lacrime strettamente intrecciate tra loro, di progetti senza senza fondamenta, di dolore, di vita, di morte

... e chiudo gli occhi stringendoti tra le mie braccia ...

ed io sento l'odore del suo corpo, il battito del suo cuore, il suo alito caldo sul mio collo e piango.



A CASA!

Apro la finestra e guardo davanti a me.
Un leggero vento agita i rami di maestosi alberi ora coprendo, ora scoprendo una finestrella nera.
Cerco di vedere oltre: cerco di vedere una testa rossa china sui libri, una testa rossa che si muove avanti e indietro, una testa rossa che sorride e saluta.
Non devo piangere! Basta! non devo piangere!

Mi volto e mi guardo intorno: un caminetto di marmo bianco, un pianoforte, un mobile-bar e poltrone, , tappeti, lampade sparsi qua e là.
Chiudo gli occhi: il suono del piano e una calda voce riempiono la stanza "Io non so come sia che il pennello lavori e impasti colori contro voglia mia. Se pingere mi piace o cieli o terre o inverni o primavere, egli mi traccia due pupille nere e una bocca procace, e n'esce di Musetta il viso ancora"

Due pupille celeste, chiare, anzi chiarissime, fissano sorridenti il mio viso.
Sogno o incubo?
Sono nella "nostra casa", stanze su stanze, colori su colori.
Una casa che non è mia ma che sento mia.
Una casa che non conosco ma in cui sono sempre vissuta.
Una casa che mi dà calore e mette pace nel mio cuore.

... il tuo posto è qui, mia regina  ...

mi ha scritto ed io mi sento a casa!



QUARANT'ANNI

Sono passati quarant'anni da quel giorno e sono sempre rimasta nella "nostra" casa.
Ho vissuto una vita completamente dedita al lavoro ma priva di emozioni e sentimenti, un'autopunizione per non aver avuto fiducia nell'amore di Rico, per non aver avuto la capacità di capirlo ed essergli stato vicino nella sua ultima lotta.
Sono sola, vuota, arida, stanca e fantasticare di quella che sarebbe potuto essere la mia vita con Rico non mi dà più gioia.
Sempre più spesso penso alla mia isola, accarezzata dal mare e baciata dal sole. Alle case con giardino, orto e pollaio. Un richiamo sottile e pressante.



LA MIA ISOLA
Nulla è cambiato.
Le stradine si intrecciano pulite e addobbate di fiori.
La campana della chiesetta suona tre volte al giorno.
Il mare fa sentire la sua voce.
Respiro aria di antico che fa bene alla mia anima.

Ancora non ho incontrato nessuno dei miei vecchi amici ma so tutto di loro dai miei genitori, molto invecchiati  ma ancora attivi e arzilli.

Ieri ha piovuto tutto il giorno, la pioggia pazza di marzo, ma oggi c'è un sole che fa splendere tutto.

Me ne vado sola per la pineta, Ercole non c'è più, accarezzando ogni albero come a farmi perdonare l'abbandono.
Mi siedo sull'umida terra, poggiata ad un tronco, e seguo, senza pensieri, una lunga fila di formiche.

Un dolce torpore mi chiude gli occhi ed io, ragazzina, corro per la pineta con il mio cagnone; gioco sulla spiaggia con i miei amici; la mia dolce maestra, che non c'è più, accarezza i miei capelli; Fabio, che, solo, dirige un laboratorio medico, mi fa l'occhiolino. Si ricorda di me?

I suoi occhi azzurro metallizzato mi sorridono e io sento un calore improvviso che scioglie il ghiaccio che per tanti anni ha tenuto prigioniero il mio cuore.



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